
Sanzioni disciplinari, uno strumento alternativo: l’arbitrato presso l’Ispettorato.
L’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori prevede la possibilità di impugnare le sanzioni disciplinari in via “stragiudiziale”, e cioè davanti a un collegio di conciliazione ed arbitrato istituito presso l’Ispettorato territoriale del Lavoro, da adire nei 20 giorni successivi all’applicazione della sanzione.
Una delle caratteristiche più peculiari del diritto del lavoro sta nel riconoscimento in capo a una delle due parti del rapporto, quella datoriale, di un potere disciplinare sull’altra (il lavoratore). Questo potere va esercitato dal datore entro limiti precisi, dettati da norme e da contratti collettivi, nel rispetto dei principi costituzionali di salvaguardia del diritto di difesa. L’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori stuttura il procedimento discipinare in tre fasi: la contestazione dei fatti disciplinarmente rilevanti, le giustificazioni del lavoratore e l’adozione del provvedimento sanzionatorio. La contestazione deve rispettare i requisiti di tempestività, di specificità e di immutabilità. Una volta ricevuta la contestazione disciplinare, il dipendente ha diritto di consegnare le proprie giustificazioni, generalmente nel termine di cinque giorni dal ricevimento della lettera di contestazione (ma può essere previsto un termine differente a seconda del CCNL applicato). Le giustificazioni possono essere date per iscritto oppure il lavoratore può chiedere all’azienda di essere sentito oralmente alla presenza di un sindacalista, cui il lavoratore ha conferito mandato. Rese le giustificazioni, la società può procedere con l’irrogazione di una sanzione disciplinare qualora non ritenga di dover accogliere le giustificazioni del dipendente.
La sanzione disciplinare può essere conservativa, come il richiamo scritto, la multa e la sospensione dalla prestazione lavorativa ovvero espulsiva, come il licenziamento.
In base all’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori (l. 300/70), il dipendente può scegliere tra diverse procedure di impugnazione: il ricorso presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro, il ricorso all’autorità giudiziaria e le eventuali procedure alternative previste dal contratto collettivo di riferimento.
Le sanzioni impugnabili con il ricorso all’ITL sono il rimprovero verbale, il richiamo scritto, la multa (pari al massimo a 4 ore di retribuzione) e la sospensione dal lavoro o dalla retribuzione (per un massimo di dieci giorni), mentre si ritiene che non possa essere oggetto di lodo arbitrale il licenziamento.
Ai sensi del comma 6 dell’art. 7 L. 330/70, con l’istanza all’Ispettorato Territoriale del Lavoro, da depositare nei 20 giorni successivi alla irrogazione della sanzione, viene richiesta la costituzione di un Collegio di Conciliazione e Arbitrato composto da tre membri. In applicazione della legge n. 241/1990, il D.M. n. 227 del 22 gennaio 1995 (confermato, sul punto, dal DPCM 22 dicembre 2010 n. 275, entrato in vigore il 22 marzo 2011) ha fissato in 40 giorni il limite massimo entro cui il Capo dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro deve costituire il Collegio. L’Ispettorato, pertanto, attiva la procedura, invitando l’azienda a nominare, entro 10 giorni – pena la decadenza del provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare e fatta salva la possibilità di adire l’autorità giudiziaria – il proprio rappresentante nel Collegio di Conciliazione ed Arbitrato.
Le parti vengono invitate a nominare di comune accordo un terzo membro e, in caso di mancato accordo, provvede direttamente il Capo dell’Ispettorato territoriale del Lavoro.
Qualora il datore di lavoro non intenda aderire alla richiesta dell’ITL di nominare il proprio rappresentante all’interno del Collegio, ha comunque la possibilità di adire l’autorità giudiziaria, ma sempre nel termine di 10 giorni dalla comunicazione della ITL, a pena di inefficacia della sanzione.
L’attivazione della procedura di impugnazione comporta la sospensione della sanzione disciplinare fino alla decisione del Collegio. L’effetto sospensivo della sanzione decorre dal momento in cui il datore abbia avuto legale notizia (ad esempio, tramite lettera A.R. o PEC, inviata per conoscenza) dell’istanza presentata dal lavoratore all’Ispettorato Territoriale del Lavoro.
Qualora il datore, invece, abbia già provveduto ad un’eventuale trattenuta sulla retribuzione, ritenendo conclusa la procedura disciplinare, il lavoratore dovrà attendere la decisione del Collegio per l’eventuale revoca o modifica.
La valida composizione del Collegio comporta l’inizio delle attività del Collegio fino all’emissione del lodo. Una volta nominati i tre membri del Collegio, l’ITL invita i medesimi a mettersi in contatto diretto tra loro per l’inizio delle attività e le modalità degli incontri.
La legge nulla dice circa le modalità di svolgimento della procedura, ma comunque devono essere seguite, per quanto applicabili, le norme del codice di procedura civile previste nel titolo VIII dagli art. 806 e ss. in materia di arbitrato quali, ad esempio, l’art. 814 relativo ai diritti degli arbitri in relazione al rimborso delle spese e all’onorario, salvo rinuncia; l’art. 819 relativo alla possibilità degli arbitri di risolvere senza autorità di giudicato tutte le questioni rilevanti per la decisione della controversia; gli artt. 822, 823 e 824 relativi alla pronuncia, alla deliberazione ed ai requisiti del lodo.
La forma relativa alla acquisizione di prove, testimoniali e documentali, di ispezioni e di termini temporali è libera.
Qualora per un fatto oggetto dell’esame del collegio la cui conoscenza fosse rilevante ai fini della decisione fosse in corso un accertamento di natura penale il collegio arbitrale dovrà sospendere la procedura ai sensi dell’art. 3 c.p.p. “fino a che si sia pronunciata nell’istruzione la sentenza di proscioglimento non più soggetta ad impugnazione o nel giudizio la sentenza irrevocabile, ovvero sia divenuto esecutivo il decreto di condanna”.
Cosa accade alla procedura davanti alla ITL qualora nelle more il lavoratore venga licenziato o si dimetta? La legge nulla dice in proposito, ma le decisioni arbitrali si dividono in due diversi indirizzi: il primo, secondo il quale l’interruzione del rapporto non influisce sull’esame del provvedimento impugnato in quanto è interesse del lavoratore che vi sia una decisione, che, qualora favorevole, potrebbe comportare benefici al lavoratore in termini economici; il secondo, secondo il quale essendosi interrotto il rapporto non vi è più alcuna ragione di discutere di una sanzione disciplinare che, se confermata, non potrebbe essere scontata.
Attesa l’irritualità della procedura, davanti agli arbitri (rectius: rappresentanti di parte e terzo membro) le parti possono sempre trovare una soluzione transattiva che verrà sottoscritta tra le parti.
Il lodo:
A differenza del giudice del lavoro che può solamente confermare oppure annullare la sanzione disciplinare, ma non può modificare la sanzione applicata, fatto salvo il solo caso che la stessa sia stata adottata oltre il limite edittale previsto dal CCNL o dal regolamento disciplinare, riconducendo la stessa entro tale limite, il collegio arbitrale ha un potere differente. Infatti, se il Collegio Arbitrale ritiene che la sanzione disciplinare sia sproporzionata, ma che comunque vi sia una responsabilità del lavoratore, può derubricare il provvedimento, riducendo motivatamente la sanzione inflitta anche in via equitativa.Le decisioni del Collegio sono vincolate alla domanda effettuata, pertanto, non potranno essere esaminate questioni antecedenti, susseguenti o collaterali che non sono collegabili direttamente alla sanzione impugnata.
La decisione deve essere motivata e deve contenere i requisiti essenziali previsti dall’art. 823 c.p.c. (indicazione delle parti, esposizione sommaria dei motivi, dispositivo, luogo e data, ecc.) ed è sufficiente la sottoscrizione della maggioranza degli arbitri purché vi sia la dichiarazione dell’arbitro dissenziente di manifestare il proprio voto contrario e di non sottoscrivere la decisione.
La procedura davanti alla ITL ha natura di arbitrato irrituale e, pertanto, la decisione del Collegio ha valore negoziale ed il contenuto del lodo potrà essere impugnato avanti il giudice del lavoro soltanto per i motivi formali, indicati nell’art. 808-ter c.p.c. ovvero:
1. invalidità della convenzione arbitrale o decisione esorbitante dai limiti del richiesto quando sia stata sollevata apposita eccezione durante l’arbitrato;
2. nomina non conforme alla convenzione arbitrale (nel caso di specie alla procedura normativamente prevista);
3. incapacità degli arbitri ex art. 812 c.p.c.;
4. mancata osservanza delle condizioni di validità del lodo;
5. mancato rispetto del principio del contraddittorio.
Qualora non si possa, in alcun modo, arrivare ad un lodo per le differenti posizioni degli arbitri, il Collegio deve rimettere il mandato alle parti ed al Capo dell’Ispettorato territoriale del Lavoro poiché il terzo membro non ha alcun potere decisionale autonomo. La rimessione del mandato determina il venir meno della clausola compromissoria con possibilità per entrambe le parti di adire l’autorità giudiziaria.
Leave a Reply