Permessi 104 e congedo estesi ai parenti del partner nell’unione civile.

L’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, prevede il diritto ad usufruire di tre giorni di permesso mensili retribuiti in favore di lavoratori dipendenti che prestino assistenza al coniuge, a parenti o ad affini riconosciuti in situazione di disabilità grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della medesima legge; il comma 5 dell’articolo 42 del D.lgs 26 marzo 2001, n. 151, stabilisce la concessione del congedo straordinario in favore di soggetti con disabilità grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge n. 104/1992, fissando un ordine di priorità dei soggetti aventi diritto al beneficio che, partendo dal coniuge, degrada fino ai parenti e agli affini di terzo grado.

Nel 2016 la Corte costituzionale, con la sentenza n. 213 del 5 luglio 2016, aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire dei permessi.

Era sempre il 2016 quando intervenne la legge n.76 sulle unioni civili e le convivenze di fatto, disciplinandole e prevedendo che “le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”.

Ed era il 2017 quando una circolare Inps (n. 38/17) stabiliva la concessione dei permessi 104 e del congedo straordinario in favore del lavoratore dipendente del settore privato, parte di un’unione civile o convivente di fatto, che presti assistenza all’altra parte o convivente, secondo queste modalità:

  • la parte di un’unione civile che assiste l’altra parte ha diritto ai permessi 104 e al congedo straordinario ai sensi dell’articolo 42, comma 5, del D.lgs n. 151/2001;
  • il convivente di fatto di cui ai commi 36 e 37 dell’articolo 1 della legge n. 76/2016, che presta assistenza al convivente ha diritto solo ai permessi 104.

Questo è stato il primo passo avanti nel riconoscimento dei diritti del caregiver nell’assistenza dell’altra metà convivente di fatto o metà dell’unione civile.

Con la circolare 36/22 l’Inps ha ampliato ulteriormente l’ambito di equiparazione tra coniugi e uniti civilmente.

La circolare fa riferimento espressamente ai lavoratori del settore privato, ma le nuove disposizioni si applicano in analogia anche nel settore pubblico, con la particolarità che gli interessati devono inviare le domande all’amministrazione di appartenenza e non all’istituto di previdenza.

La legge 76/2016, che ha istituito le unioni, non richiamava espressamente l’articolo 78 del Codice civile che individua il rapporto di affinità tra il coniuge e i parenti dell’altro; l’ampliamento dei casi di fruizione di permessi e congedo è dovuto al fatto che mantenere una differenza tra coniugati e uniti civilmente configura palesemente una discriminazione per orientamento sessuale, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale dell’Unione europea che vieta questo tipo di discriminazioni, in particolare per le condizioni di lavoro, l’occupazione e la retribuzione.

Recita altresì la richiamata Circolare Inps n. 36/22: “Al fine di evitare comportamenti discriminatori nei riguardi di due situazioni giuridiche comunque comparabili (uniti civilmente e coniugi), seppure l’articolo 78 del codice civile non venga espressamente richiamato dalla legge n. 76/2016, ai fini del riconoscimento dei benefici in parola, va riconosciuto sussistente il rapporto di affinità anche tra l’unito civilmente e i parenti dell’altra parte dell’unione. (…)”.

Quindi d’ora in avanti una persona unita civilmente può fruire dei permessi della legge 104/1992 sia per assistere l’altra persona unita, sia parenti o affini di quest’ultimo fino al terzo grado. Viceversa, i parenti possono utilizzare i permessi per assistere la persona che costituisce l’altra parte dell’unione civile, intendendosi quelle registrate nell’archivio dello stato civile. In fase di richiesta gli interessati devono dichiarare la loro condizione (coniugati, uniti civilmente, conviventi di fatto) che viene poi verificata dall’Inps.

Ragionamento analogo vale per la fruizione del congedo straordinario regolato dal Dlgs 151/2001, che quindi ora può essere riconosciuto anche qualora una persona unita civilmente debba assistere un parente o affine dell’unito (e viceversa) fino al terzo grado.

Restano esclusi soltanto i conviventi di fatto, per i quali restano valide le indicazioni fornite con la circolare 38/2017; la convivenza di fatto – spiega l’inps – non è un istituto giuridico, pertanto i conviventi potranno continuare a fruire soltanto dei permessi e solo per assistere il convivente.