
AUTONOMOUS CARS E DISABILITÀ: la tecnologia al servizio dell’uguaglianza
Oggi giorno sentiamo sempre più spesso parlare di autonomous cars o, più semplicemente, macchine a guida autonoma. Si tratta di quelle automobili in grado di guidarsi da sole (esattamente come nei film di fantascienza) grazie ad un software che fungerà da driver.
Esistono sei livelli di automazione, ma ad oggi sul mercato troviamo al massimo modelli di livello tre. Questo perché al momento a livello giuridico non è possibile fare a meno del conducente (driver per l’appunto).
Per quanto la nostra società brami di innovazione, bisogna premettere come affinché questa tecnologia approdi – nel suo massimo stadio – sul mercato sarà necessario un quadro normativo completo, che tuteli e disciplini la materia, al momento del tutto assente sia a livello internazionale, che nazionale. Senza annoiarvi e risparmiandovi i cosiddetti legal issues, sappiate che lo sviluppo di tale tecnologia può rappresentare LA SVOLTA PER MOLTE PERSONE.
Vi chiederete, giustamente, perché. Forse perché durante le fasi di guida del software potrete prendere un caffè o leggere un libro? O perché potrete sfruttare quel tempo per postare una foto su Instagram? Assolutamente no.
Nella frenesia della vita moderna in cui una semplice giornata fatta di studio, lavoro, palestra e relazioni interpersonali, ci appare stressante, difficile da affrontare, non ci rendiamo conto di chi -anche solo per scendere dal letto- ha bisogno dell’aiuto di qualcuno.
I soggetti anziani, con disabilità o deficit motori potrebbero trovare grande giovamento dallo sviluppo delle auto a guida autonoma. L’autovettura andrebbe così intesa come lo strumento attraverso cui migliorare e favorire la qualità degli spostamenti; il mezzo attraverso cui chi vive da sempre in stato di dipendenza possa ottenere l’indipendenza.
L’art. 19 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) stabilisce che la disabilità non deve essere tra i fattori che comportano distinzioni.
L’art. 1 della Dichiarazione dei Diritti Umani dell’Assemblea delle Nazioni Unite statuisce che “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.”
Il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 dellanostra Carta Costituzionale rischia di restare un principio vuoto senza riscontro fattuale: Cosa significa uguaglianza se un soggetto con disabilità non ha la possibilità di vivere come tutti? Nulla.
Significa svuotare della sua essenza più concreta e tangibile una parola frutto di secoli di lotte al potere.
In una società come la nostra le persone con disabilità fisiche non dovrebbero più subire condizioni di disparità di alcun genere e per questo la speranza di chi scrive è che tutta questa tecnologia che oggi ci assorbe in ogni aspetto della vita possa poi svolgere fini nobili, come quello di cui stiamo parlando. Per farlo però ha bisogno del diritto.
Per questo motivo, il legislatore deve adoperarsi e rincorrere questa “tecnologia buona”, affinché questa uguaglianza possa realmente concretizzarsi.
Dott. Dario Di Mauro
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