Cass. Pen. sent. n. 17552, 6 maggio 2021: i messaggi WHATSAPP costituiscono prova documentale nel processo e sono legittimi anche senza accertamento tecnico.

Le conversazioni, le note vocali, anche gli screenshot, prodotti nel procedimento, sia civile che penale, sono riconosciuti come prove documentali ex art. 234 c.p.p..

I messaggi scambiati tramite Whatsapp, l’applicazione di messaggistica gratuita più diffusa al mondo, hanno natura, valore ed efficacia di documenti informatici, equiparati ai documenti tradizionali ex L. n. 408/08.

È una realtà oramai consolidata la produzione di messaggi SMS oppure di chat estrapolate da sistemi di messaggistica istantanea (per esempio WhatsApp, ma anche Telegram, WeChat, ecc.) al fine di provare atti persecutori, maltrattamenti, stalking e tutte le altre condotte in cui le comunicazione tra i soggetti sono essenziali per le sorti del procedimento.

Con riguardo al processo civile, fece da spartiacque la storica sentenza n. 49016 del 2017 con la quale la Suprema Corte dichiarò che i messaggi inviati tramite Whatsapp avevano valore di prova anche in assenza dei supporti informatici nei quali sono contenute le conversazioni in chat.

La Cassazione aveva in effetti già compiuto un notevole passo in avanti con il pieno riconoscimento del valore probatorio per gli SMS per le immagini contenute negli MMS (si veda Cass. civ. n. 9884 del 2005); molti giudici avevano, ad esempio, ritenuto valido il licenziamento comunicato tramite un sms.

Il caso di specie riguarda un soggetto condannato per atti persecutori, culminati nell’incendio dell’autovettura della ex compagna. In particolare, i messaggi erano stati inviati dall’imputato sul cellulare della madre della persona offesa, i quali erano poi stati estrapolati tramite screenshot dalla polizia giudiziaria. Lo stesso imputato, nel corso del dibattimento, aveva ammesso di aver inviato quegli stessi messaggi, ma, non trovandoli più nel telefono, aveva chiesto di provvedere ad un accertamento tecnico. La condanna si basava principalmente sulla produzione degli screenshot di messaggi e conversazioni WhatsApp inviati dall’imputato. 

La Suprema Corte ha sempre dato grande rilevanza al regime di ammissibilità che tali messaggi hanno nel panorama delle nuove prove.

Con la pronuncia n. 17552 del 6 maggio 2021, la Cassazione penale prosegue nel solco dell’orientamento giurisprudenziale che l’ha preceduta.

Come sopra esposto, nel corso del procedimento, era stata dedotta la violazione della legge processuale e la richiesta di accertamenti tecnici volti a dimostrare l’autenticità dei messaggi prodotti nella mera forma fotografica. Tale richiesta era stata rigettata sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello. La giurisprudenza a favore del ricorrente prevede che tale forma di produzione delle conversazioni come prova sia consentita solo in presenza di un accertamento tecnico, come precisato dalla stessa Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 49016/2017. D’altro canto, è necessario precisare che tale pronuncia si basava sulla valutazione del giudice di merito, il quale aveva considerato opportuna una ulteriore verifica per analizzare compiutamente l’attendibilità dei messaggi. 

Nel caso in esame, al contrario, la Suprema Corte ha ritenuto il motivo inammissibile in quanto manifestatamene infondato. È oramai cristallizzata la posizione che attribuisce valore documentale ex art. 234 c.p.p. a tali produzioni. La captazione di messaggi e chat attraverso la funzione screenshot rappresenta una forma di documentazione della conversazione ex post e non in corso, la quale si pone in netta distinzione rispetto alle registrazioni o alle intercettazioni. Non è nemmeno assimilabile alla disciplina dell’art. 254 c.p.p. relativamente all’acquisizione della corrispondenza (ex multis Cass. pen., Sez. VI, n. 1822 del 12/11/2019, dep. 17/01/2020, Tacchi, Rv. 278124). La norma dell’art. 234 c.p.p. permette, infatti, l’acquisizione, oltre agli scritti, di ogni altra cosa idonea a rappresentare fatti, persone o cose attraverso la cinematografia, la fotografia, la fonografia e qualsiasi altro mezzo.

La riproduzione tramite screenshot di una conversazione oramai cessata può essere, pertanto, pienamente ammessa come mero documento, al pari di una fotografia o di un qualsiasi altro mezzo idoneo, la cui rilevanza e attendibilità sarà valutata liberamente dal giudice.

La Corte, in conclusione, non ha ritenuto necessario attivare un approfondimento tecnico.

Pertanto a oggi è pienamente legittima non soltanto la produzione di sms e chat quali prove documentali, ma anche la produzione di uno screenshot, cioè la realizzazione di una fotografia dello schermo di un telefono cellulare, delle conversazioni intrattenute via chat.

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