Rettificazione del sesso e scioglimento imposto dell’unione civile. La questione di legittimità costituzionale.

Proponiamo il seguente approfondimento sulla recente Ordinanza del Tribunale di Lucca del 14 gennaio 2022, con la quale viene sollevata la questione di legittimità costituzionale di diverse previsioni normative riguardanti l’impossibilità di conversione dell’unione civile in matrimonio, nell’ipotesi in cui una coppia, unita civilmente, manifesti il desiderio di conservare il vincolo costituito con detta unione anche dopo che una delle due parti abbia ottenuto una pronuncia di rettifica del sesso.
Com’è noto infatti l’art. 1, co. 26, L. 76/2016, prevede espressamente che “la sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso determina lo scioglimento dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”.

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Permessi 104 e congedo estesi ai parenti del partner nell’unione civile.

L’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, prevede il diritto ad usufruire di tre giorni di permesso mensili retribuiti in favore di lavoratori dipendenti che prestino assistenza al coniuge, a parenti o ad affini riconosciuti in situazione di disabilità grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della medesima legge; il comma 5 dell’articolo 42 del D.lgs 26 marzo 2001, n. 151, stabilisce la concessione del congedo straordinario in favore di soggetti con disabilità grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge n. 104/1992, fissando un ordine di priorità dei soggetti aventi diritto al beneficio che, partendo dal coniuge, degrada fino ai parenti e agli affini di terzo grado.

Nel 2016 la Corte costituzionale, con la sentenza n. 213 del 5 luglio 2016, aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire dei permessi.

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